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Io sono la via, la verità, la vita.

  • nicoscopelliti
  • 10 mag 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

Per la quinta domenica di Pasqua, la liturgia della Chiesa propone un brano dal capitolo 14 di Giovanni. E’ un brano straricco di insegnamenti: fa parte del famoso discorso al termine dell’Ultima Cena e viene chiamato anche il testamento di Gesù, per il momento in cui viene pronunciato e per l’intensità dei contenuti.

A mio avviso, nel tempo pasquale questo brano segna un passaggio: fin qui abbiamo meditato, contemplato, assaporato la realtà della risurrezione di Gesù; da questo momento siamo invitati a meditare e contemplare la risurrezione nostra. Sì, perché Gesù non risorge per se stesso. Come non è morto per se stesso ma per noi, così non risorge per se stesso ma per noi. Perché noi che avevamo ereditato la morte, potessimo ritornare in possesso della vita. Gesù risorge per aprire a noi la strada della risurrezione. Risorto lui, risorti noi: con la sua risurrezione abbatte per tutti la pietra di una morte senza fine. Lui è andato avanti e noi gli corriamo dietro.

E’ bello sentire come ci rassicura che non c’è il posto solo per lui: c’è anche per noi, ci sono molti posti, lui ce li ha preparati, e lui ritornerà a prenderci perché anche noi siamo dove lui è.

Ma dove va Gesù? Smarrimento totale degli apostoli che per bocca di Filippo obiettano di non sapere assolutamente dove e nemmeno per quale strada. Avessero almeno potuto imboccare la strada giusta!

Gesù risponde loro meravigliandosi che dopo tre anni di vita vissuta con lui non sapessero ancora quale la strada e quale la meta.

Ed è l’altro aspetto bellissimo di questo brano pasquale: il luogo è il Padre, è la casa del Padre, è la conoscenza del Padre, è la familiarità con il Padre, è la coabitazione con il Padre.

E così la risurrezione non è tanto il tornare in vita, non è nemmeno entrare in una vita più perfetta, più piena di vita, più vitale. E’ invece un entrare nella comunione trinitaria: questo è il Paradiso. Più che il luogo esteriore è la comunione di amore, è la compartecipazione a tutti i beni che sono propri del Padre e del Figlio nell’unità dello Spirito Santo. Esattamente a questa intimità con Dio siamo chiamati, ciascuno di noi: è questo che ci dona la risurrezione di Cristo. Ed è per questo che la risurrezione la possiamo conoscere e gustare non solo dopo la morte, ma fin d’ora, come è stato per gli apostoli, perché fin d’ora abbiamo la possibilità di entrare, siamo chiamati ad entrare nella Comunione con Dio, nella Comunione di Dio.

Ma ci crediamo davvero nella risurrezione? Di Cristo e nostra?

Don Francesco Zampini


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